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Tre minuti e niente flash. Era questo l'imperativo categorico dato dal responsabile del parterre ai fotografi accreditati.
I primi anni dei festival jazz erano frequentati da pochi fotografi che, isolati dal pubblico grazie alle transenne, potevano muoversi liberamente sotto il palco per tutto il concerto fotografando gli artisti da ogni angolazione e, cosa da non trascurare, avendo il tempo di sostituire frequentemente il rullino.
La crescita esponenziale dei concerti musicali e il relativo interesse da parte dei media hanno portato in dote un forte aumento degli operatori foto-tv, accompagnato da regole sempre più stringenti al diritto di informazione
e documentazione fotografica. Di fatto l'attività di ripresa era vietata se non in quei pochi minuti concessi.
Messe a posto le fotocamere nelle borse, notavo che l'evento principale assorbiva quasi completamente l'interesse della maggior parte dei fotografi, mentre i più curiosi (compreso il sottoscritto) preferivano spostarsi in altre location minori, dove più tardi si sarebbero esibiti artisti emergenti. Qui le regole erano più blande e potevo aggirarmi tranquillamente tra il palco, dove si accordavano strumenti e si preparava l'audio, ed i camerini.
Negli anni ho pensato spesso a quell'esperienza, tanto faticosa a causa dei ritmi e degli orari impossibili da sostenere, quanto entusiasmante e gratificante da un punto di vista artistico e professionale.
Per questo ho cercato, tra le migliaia di foto scattate a quei tempi, quelle che potessero al meglio rappresentare le sensazioni provate nei vari concerti e backstage.